Siamo isole, confidiamo in Dio
Nella vita di Gesù ci sono due particolari momenti di profonda solitudine e dolore. Il tempo nel deserto (la tentazione) e gli ultimi istanti di vita, sino alla crocifissione. Il deserto parla di per sè di solitudine e di combattimento spirituale e fisico. Nel Ghetsemane, al di là del torrente di Chedron, l'anima di Gesù è avvolta da tristezza mortale "ed Egli, essendo in agonia, orava vie più intensamente; e il suo sudore divenne simile a grumi di sangue, che cadevano in terra" (Luca 22:44). Sulla croce, prima di spirare, Gesù griderà: "Eli, Eli, lamma sabactani? cioè: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai lasciato?" (Matteo 27:46 - Salmo 22:1, in profezia). Questo è certamente il momento di maggior dolore per Cristo perchè si è fatto carico dei peccati dell'umanità ed un Dio santo non può avere comunione con il peccato. Ma Gesù porta con sè i nostri peccati, li inabissa sino alle profondità della morte e cancella la colpa; e la resurrezione ci dice che "giustificati dunque per fede, abbiamo pace presso Dio, per Gesù Cristo nostro Signore" (Romani 5:1). Anche noi possiamo attraversare momenti di profondo sconforto e solitudine e sentire il deserto tutt'intorno. In questi frangenti, non aspettiamo di sprofondare e andiamo a Cristo. La solitudine può anche essere una condizione per ricevere abbondanti benedizioni: "Riguardate ad Abrahamo ... io lo chiamai solo, e lo benedissi, e lo moltiplicai" (Isaia 51:2); "le isole mi aspetteranno, e spereranno nel mio braccio. Alzate gli occhi vostri al cielo ..." (Isaia 51:5-6). "Ma io starò alla veletta, riguradando al Signore; io aspetterò l'Iddio della mia salute; l'Iddio mio mi esaudirà" (Michea 7:7).